Addio Maggio, e grazie per tutto il pesce [ Voleva essere un podcast!]

Questo testo l’ho scritto pensando di renderlo un podcast e dopo averlo letto una decina di volte, ottenendo dei risultati penosi, ho deciso di appoggiarlo qui, come testo semplice del blog.

Avrei potuto migliorare il testo con l’IA ma il tutto sarebbe diventato, per me, lineare e performante. Parole tremende, che non devono descrivere mai un testo che non è altro che un percorso delle nostre avventure umane.

 

Si può morire e continuare a vivere? Certo! Basta che ti guardi intorno. Coloro che non sono mai morti spesso calpestano i fiori con spensieratezza. Sprecano i colori.

Aspettano che tu finisca di parlare, senza ascoltarti, per poi prendere la parola riempiendo l’aria della loro superficialità.

E soprattutto guardano ma non osservano.

Sono tutti in un limbo sereno senza dolori, dove non si vive ma si attraversa il tempo senza grazia.

Vita e morte sono strettamente legate, naturalmente, senza la seconda della prima hai solo un cenno, senza nessun effetto speciale, come il vento tra i capelli, il canto degli uccelli, i sorrisi e gli infiniti pianti.

 

Non sono solita scrivere in questo modo, in passato trovavo una tremenda perdita di tempo esprimere concetti con tutto questo giro di parole, ma è l’unico modo che ho adesso a disposizione per salutare questo maggio che mi ha permesso di rinascere dal punto di vista umano e oserei dire anche creativo.

 

Alcuni studi dichiarano che è difficile, quasi impossibile, fare amicizia in età adulta. Inizio a vedere questo tipo di esternazioni come mezzi per rassicurare chi non ha la minima intenzione di uscire dalla zona di comfort, o scoprirsi migliore, che non sempre è una cosa buona perché poi metti in dubbio tutte le cazzate fatte, scritte, condivise, e ti vien voglia di cancellarti da tutti i social, perché smetti di essere consumatore passivo di tempo.

 

Può anche capitarti la fortuna di avere una cerchia stretta  di amici che ti fanno da scudo, che sanno chi sei, e probabilmente sono sereni nel vederti fare sciocchezze perché loro lo sanno, prima che tu agisca, cosa stai per combinare e che ne uscirai viva, e nel caso le cose sia facciano difficili sono pronti a toglierti dai guai. Ma questo è il nucleo di partenza, ho compreso, per poter andare oltre.

 

Mentre scrivo, attendendo Fra e Ali, mi rendo conto che sto scrivendo per togliere pressione dal cuore, più che dalla testa.

 

Gli amici che lavorano con le parole in modo scientifico spiegano che scrivere libera dalla pressione dei molti pensieri che si possono avere. Le preoccupazioni, le ansie trovano una via d’uscita nella scrittura. Per me è più un depositare per mettere al sicuro. La memoria è fallace. Voglio mettere al sicuro le cose belle che mi capitano, le nuove amicizie, le sensazioni di gioia profonda che rischio di coprire, o peggio riscrivere, con altri pensieri sempre rilevanti ma meno preziosi.

 

Quando non avrò più memoria, e dovrò affidarmi a quella degli altri, di chi amo, so che avrò una narrazione asciutta, utile per una serie di punti posti su una linea temporale, che ha solo una direzione, partendo dal tanto vissuto al poco che resta.

 

Ma ogni punto che evidenzia un dato istante è per me un mix di odori, spesso miei, sempre di corsa, con un zaino pesante, di sguardi, di sapori. Dicevo, in ogni punto, per me, ci sono ricordi casuali come le bellissime persone sconosciute che avrei voluto fermare per un ritratto, dopo essermi presentata, chiedendo gentilmente. Ma io quella foto l’ho scattata. E non voglio perderla.

 

È veramente banale dire che l’ho scattata col cuore, bleah. Io l’ho vista. Ricordo la luce laterale, il movimento della testa verso la camera, ossia i miei occhi, le mani, quell’istante mentre attraversano la strada. La vedo, naturalmente, in bianco e nero.

 

Milano. Sono arrivata troppo in anticipo all’appuntamento in RedMonk, mi ricordo di aver intravisto un bar, torno indietro, e lei era lì, avrà avuto 20 anni, bellissima e con uno sguardo deciso, di chi sa chi è. Non ho scattato fisicamente, ma quella foto farà sempre parte del mio patrimonio mnemonico.

 

Milano. Zona Monte Grappa. Le mani del barista, profilo sornione di chi gli canta “È quasi magia Johnny” mentre lui è alla prese con il mio cappuccino. Concentratissimo. Lo sta corteggiando? Lo sta prendendo in giro? O entrambe le cose?

C’è quest’albero di arance, qui a Firenze dove sto scrivendo. Tante polemiche prima del suo arrivo, durante la piantumazione, ed ora eccolo, giovane, ma già utile nel far ombra a chi attende il bus. Firenze d’estate è crudele con chi ha scelto di non avere mezzi privati. Ma l’albero ora è lì, e come lui, spero molti possano pian piano proteggere chi attende l’autobus per arrivare a meta con serenità, senza più chiedersi se nel caso di collasso per il troppo caldo l’ambulanza farebbe in tempo, visto il vizietto del parcheggio alla genio rinascimentale “due secondi, e poi vado via”.

 

È incredibile la quantità di verde che finalmente sta entrando nelle città.

 

Ascoltando Simo sembra che anche Pechino stia cambiando, questo vuol dire che piano piano torniamo a ricostruire un ambiente sano e salubre che potrà, forse, far poco contro l’inquinamento generato da tutte le guerre che stanno avvolgendo la terra. Saranno più tutelate le persone che si muovono nella parte del mondo più sicura, ancora, questo conta.

Poiché è un podcast, e dovrebbe essere di quelli generici, niente di rilevante, qualcosa di utile voglio dirlo a chi perde, investe, il che include il rischio di andare in rosso, il proprio tempo nell’ascoltarmi.

 

Tornando al perché ho iniziato a scrivere: non voglio che il mio cuore decida di passare le informazioni al cervello che archiviandole poi me le ripropone solo in chiave utilitaristica, ossia solo come info utili a qualcosa, come per esempio per risolvere problemi. Non voglio inoltre affidarmi al filtro altrui.

In questi ultimi mesi ho incontrato tante persone, e a molte di queste, con mio grande sorpresa voglio già bene, in modo profondo.

È come se avessi compreso che se basta mettersi in ascolto per scoprire che puoi avere le braccia ancora più lunghe di quello che pensavi.

Questo pensiero da un lato mi riempie di gioia e dall’altro mi rattrista perché penso che sto accogliendo bellissime persone ma solo perché ho accompagnato fuori dalla mia vita, in silenzio, altre, splendide. Persone che necessitano di attenzioni e di una cura che va oltre alle mie competenze professionali, e vanno a finire di prepotenza nel mio privato, che ho sempre tutelato. Senza questa scelta di fare spazio per ritrovarmi, probabilmente, come ho fatto in passato, certe storie le avrei lasciate andare pensando che qualcun altro era lì pronto a coglierle e dar loro la giusta attenzione, facendo, io, il grande errore di non crescere e imparare cose nuove e di delegare la mia sensibilità a chi in realtà non ne ha.

 

Addio Maggio, grazie per questa nuova consapevolezza e per tutto il pesce.

Con la fotografia, la grafica e video mi prendo cura della presenza online di artigiani e artisti, guidandoli nel comprendere la potenziale della rete, in sicurezza.

Colgo e comunico la poesia del quotidiano.