Come comunicare cose

In questo periodo, grazie all’impulso dato al digital dalla pandemia, sono sbocciate in rete diverse centinaia di progetti volti a raccontare, comunicare, mostrare ciò che ci circonda, per supportare ma soprattutto per darsi una visibilità attraverso il materiale umano ignorato per anni, e mi riferisco a ciò che si ha sotto casa: artigiani, artigiane, artisti, artiste, edicolanti, e via via.

Essendo l’umanità che ho scelto come bacino d’utenza dei miei servizi, mi sono stupida piacevolmente dell’interesse mostrato verso chi lavora con le mani, perché è faticoso far percepire il valore di queste persone senza un tam tam generale, a più voci, con diversi toni, però devo dire che non ho ritrovato la qualità che mi aspettavo, anzi ho percepito un fare da “nell’attesa di tornare alla vita di prima“.

Ho iniziato ad affiancare un giovane di 20 anni in un suo progetto importante e prima di presentare il preventivo gli ho subito fatto notare che lavorare con me significa “non magnare”, quindi niente foto di piatti, magnate in posti noti o meno noti. Questo perché sono dell’idea che comunicare la propria città, ciò che si attraversa in questi giorni con curiosità e dolore, specialmente nelle piccole realtà, significa inciampare in ogni dettaglio e soffermarsi, chiedendosi se sia il caso di approfondire, ricercare. Naturalmente dandosi sempre una risposta affermativa.

Negli ultimi 5 anni i social hanno strabordato dei soliti luoghi, delle solite storie, di quelle poche vite d’eccellenza con un ottimo riscontro che genera uno sbilenco gioco tra odio e amore nella folla virtuale. A far da padrone nei contenuti è stato il cibo, fusion o tradizionale, sempre dei soliti luoghi.

Un impoverimento comunicativo che ho sempre percepito come pericoloso e inutile.

Pericoloso perché banalizza il quotidiano, che cela diverse sfumature, e avventure, tra un pasto e l’altro, e inutile perché non arricchisce ne migliora la percezione del territorio, che non è fatto solo di una sequenza di stanze con una tavola apparecchiata in cui vi si può mangiare solo sushi e bere cappuccino.

Sia ben chiaro che sto semplificando.

Qualche anno fa Samsung lanciò un progetto che trovai bellissimo, Maestro Academy, con l’intenzione di mettere in contatto i maestri artigiani con i giovani attraverso un sito fighissimo, vi parlo del 2016. Unica pecca era l’immagine dell’artigiano anziano che doveva usare i prodotti samsung, tablet, per far vedere come lo integrava nel lavoro, credo una delle cose più malinconiche che io abbia mai visto nella comunicazione.

Da anni oramai tedio i miei amici con uno dei miei progetti per raccontare il mondo dell’artigianato, è vederlo realizzato, quasi come lo avrei fatto io, da un’azienda così grande mi aveva leggermente messo ko, ma fortunatamente, conoscendo le botteghe, ne percepivo i limiti, e purtroppo questa avventura dell’Academy è finita: https://maestrosacademy.samsung.it/

Qualcosa di questo progetto lo potete vedere su youtube cercando con la chiave #ArtigianiPerTradizione.

Peccato che esistano solo comunicati stampa per raccontare gli inizi e non per spiegare anche la chiusura di un progetto.

Tornando al perché ho ripreso a scrivere qui.

Come comunicare cose non l’ho scritto per vomitare il solito elenco di attività vincenti da fare, perché non può nascere dalla mera esigenza di visibilità la comunicazione di un luogo, di vite, bisogna avere un’intenzione, ma soprattutto un dispiacere per qualcosa che non si vede, che gli altri non notano, ma che a noi sembra essenziale.

Bisogna volersi bene e avere rispetto del tempo altrui.

Se quello che stiamo per dire è stato già detto, non va ricopiato, o modulato in base al nostro linguaggio, ma si deve alzare il culo e indagare chiedendosi se c’è dell’altro, magari percepito come noioso e renderlo utile, non per forza attraente, ma esternarlo come qualcosa che può far comodo sapere, anche solo perché si tratta di un passaggio obbligato verso qualcosa di sconvolgente.

Dante e Alice sono caduti in un buco nero e sapete tutti come è andata a finire!

ps. ho deciso di raccontare Le Marche.

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Con la fotografia, la grafica e video mi prendo cura della presenza online di artigiani e artisti, guidandoli nel comprendere la potenziale della rete, in sicurezza.

Colgo e comunico la poesia del quotidiano.