L’importanza di leggere libri

Sempre con l’intenzione di riportare a casa i vari contributi che ho appoggiato in rete, riprendo un confronto avuto circa tre anni fa con Luca Conti, nella community che ha curato offrendo diversi spunti di riflessione. 

Chi lavora in rete, sempre connesso per piacere e per dovere, vive travolto dai caratteri che arrivano da ogni fonte che si analizza. Ma altra cosa è il fermarsi, il soffermarsi, su una tematica per lungo tempo. 

Un libro richiede una concentrazione totale e prolungata, attività a cui siamo sempre meno abituati. Esercitare l'attenzione per lungo tempo ci aiuta a evitare il multitasking e a essere più presenti in ciò che facciamo, fosse anche soltanto lavare i piatti, con tutti i benefici sul piano della gestione delle emozioni.

Con l’arrivo dei generatori di contenuti la ripetitività di ciò che viene scritto si accentua.  Già da anni la rete si è densamente popolata di pensatori della qualunque, che forti delle capacità retoriche, ripetono il già detto, offrendo il contributo quotidiano alla propria nicchia di riferimento. Inoltre non è raro leggere una notizia alle sette del mattino e ritrovarla sui social e su blog commentata, e nei peggiori di casi, con copiature di ragionamenti altrui, senza veder citata la fonte. Un modo di fare che viene oramai considerato normale, dal momento in cui siamo tutti immersi in una competizione a base di like e di numero di follower. Le famose metriche della vanità, di cui si riconosce la tossicità ma alle quali non ci si sottrae perché l’umano ha sempre bisogno di un applauso, forte o debole che sia.

Un atteggiamento del genere con l’arrivo dei generatori di testi automatici si trasforma in una valanga di caratteri, di parole, che non ci informano, non ci arricchiscono, ma semplicemente guidano la nostra attenzione verso quell’Io che ha la necessità di essere notato. Si può chiedere all’IA di generare 30 articoli da 2000 caratteri su un determinato tema, con un tono di voce preciso, ed ecco che si offre un testo povero di nutrienti. Questo atteggiamento raggiunge il suo apice quando lo si usa per scrivere racconti brevi e interi libri. Ed ecco che l’importanza di leggere libri diventa fondamentale per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale personale, l’unico vero bagaglio che portiamo con noi, in ogni spostamento.

Più libri leggiamo, più addestriamo la nostra mente a richiedere qualità, contenuti di spessore, esperienze da condividere che non siano semplici perdite di tempo. Più libri leggiamo migliore sarà la nostra capacità di riconoscere se un testo è trasmissione emotiva di spessore o semplice pubblicazione su base egocentrica. Più libri leggiamo e più forte sarà la nostra difesa dalle banalità che stanno aumentando, giorno dopo giorno. Naturalmente non è educare lo scopo di un libro, quindi massima libertà nel pubblicarne, è nostra responsabilità saper scegliere, e se non si è in grado, non resta che allenarsi, allenare la nostra sensibilità e la nostra curiosità.

Considerare utile e costruttivo il tempo passato a commentare i vari spunti offerti sui social, senza aver modo di approfondire, fermandosi alla soddisfazione temporale della poca lettura, di qualcosa di cui si ha già un sentore, è un vero spreco. Molto distante dal bene che ci facciamo quando prendiamo un libro, cartaceo o digitale, e ci immergiamo nelle riflessioni altrui, allenando la capacità, che più di altre ci rende umani, l’empatia.

Luca in quell’occasione ci propose questo esercizio: rispondere alle seguenti 5 domande. Vi consiglio di farlo questo esercizio e magari tra qualche anno, come sto facendo ora io, rileggere le risposte per comprendere come sta andando l’assemblamento dell’unica arma di difesa che abbiamo, la lettura.

Ecco le mie risposte di allora.
 
Leggo abitualmente durante la settimana, lo faccio perché non tutto quello che cerco è online. Per quanto sembri comodo e immediato, ci sono informazioni, riflessioni, analisi che, probabilmente per scarso fascino e interesse di massa, non vengono condivise in rete. 
 

All’interno del mio consumo di media il libri occupano un buon 70%, quindi è chiaro che i libri sono fondamentali per me, da sempre, sono fonte d’ispirazione, arricchimento, verifica e anche leggerezza.

 

I libri incontrati da cui ho percepito una fonte di apprendimento li rielaboro nei miei appunti, ne riscrivo parti per fissare dei passi.

 

Un libro che ho qui vicino a me, da qualche mese, a portata di mano, che mi è difficile da concludere per le riflessioni che mi scatena, e un senso di impotenza che mi lascia continuamente, è I soldati delle parole, di Frank Martin Westerman, per merito suo, o direi meglio colpa, da un anno circa ho intrapreso un percorso verso una maggiore comprensione e controllo del linguaggio scritto e non.

 

Ho provato a partecipare al gruppo di lettura di cui eri responsabile su telegram, dal vivo non ho avuto occasione, anche se capita che si creino delle bolle di lettura quando propongo dei testi ai miei amici, cercando di non affogarli nel mio entusiasmo o spaventarli, come capitò con Il valletto di de Sade, di Nikolaj Frobenius.

Poco è cambiato da allora, continuo a leggere, e nell’immagine di copertina ho inserito i 4 libri con cui affronterò questo dicembre. I soldati delle parole l’ho concluso, con un certo senso di amarezza, ma posso considerarlo insieme a L’uomo che ride di Victor Hugo, uno dei pilastri della mia formazione emotiva, e per certi versi professionale.
 
Buona lettura.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Con la fotografia, la grafica e video mi prendo cura della presenza online di artigiani e artisti, guidandoli nel comprendere la potenziale della rete, in sicurezza.

Colgo e comunico la poesia del quotidiano.