Monteruga

Poco prima di partire per il Giappone mi passa davanti, on line, la notizia dell’uscita del libro dal titolo Monteruga, 23 giugno, il giorno dopo la partenza. Avendo paura di volare avrei voluto portarlo con me, calcolando che sicuramente nelle oltre 12 ore di volo avrei avuto modo di distrarmi grazie alla cura di Anna Puricella, la cura che mette nelle parole. Una cura che ho avuto il piacere di conoscere durante un percorso di scrittura che abbiamo condiviso.

Ho dovuto attendere il mio rientro. Devo ammettere che nei momenti di relax, dal lontano oriente spulciavo le varie considerazioni online su questo romanzo d’esordio, e mi colpiva come tutte fossero legate al luogo, al Salento. Anna, come diversi autori che ho letto ultimamente è pugliese. Grazie a loro ho scoperto una scrittura aggrappata ai luoghi che, non nego, non mi appassiona come argomento per parlare, o scrivere di un libro. Per me i luoghi sono confini, contenitori, strati, su cui ci si muove, dove ciò che conta sono le relazioni tra le varie forme di vita.

Ed è di vita che Anna scrive, di quella che accade, che si subisce, fino alla fine, senza mai pensare a un lieto fine. I suoi ritratti, definiti come quello del barista, quello di Lucio, a quelli abbozzati di chi perde la propria moglie in una bisca clandestica mi colpiscono in modo diretto. Le vedo queste vite, e vedo anche quella di Angelo.

Da quando Monteruga è arrivato a casa non mi ha mai lasciato libera di pensare ad altro.

Nelle varie attese, direi roventi, considerando le temperature, ho sempre avuto il piacere di sfilare il libro dallo zaino per continuare la lettura, per comprendere con Angelo quale fosse il legame tra le sue visioni notturne e quelle diurne. Mi chiedevo il perché di quello sguardo materno mancante, di quel distacco disperato di una madre che altro non vuole che saperlo al sicuro.


Sono stata adottata, e la mia è stata un’adozione che ha permesso a tre persone di essere famiglia, poi la vita si è messa a mescolare le carte, ma posso dire che la mia è una famiglia normale, perché altra definizione non so dare a chi si ama, si supporta e si sopporta, con diverse cicatrici, quotidianamente. Quando leggo o vedo nei film reazioni drammatiche all’apprendere di non essere figlio, o figlia, di sangue mi cadono le braccia, e sospiro un “falla finita e ringrazia il destino”. Nella lettura di Monteruga nel momento in cui le varie verità vengono lanciate in faccia, come lame d’acqua gelida, ho dovuto resistere a non lanciare il libro sul divano nel leggere le reazioni di Angelo a queste. 


Qui la scrittura di Anna si fa tremenda perché riesce a compiere una piccola magia, spezzando il ritmo della scrittura. Mi riporta nel libro, a Monteruga, “con un peso sul petto” di madre, colmo di un dolore perpetuo, lasciandomi chiudere il libro con il piacere di aver fatte di un viaggio curato, rispettoso del lettore, o lettrice.

Per chi ama la narrazione dei luoghi: Monteruga esiste, è un paese abbandonato probabilmente perché non è abbastanza vicino al mare. Fortunatamente è proprietà privata, quindi si spera non facile preda di vandalismi da social. Forse questo romanzo risveglierà l’idea recente di farne un villaggio turistico naturalmente di lusso, probabilmente non alla portata degli Angelo e dei California delle zona.

Qui potete trovare un interessante progetto di riattivazione del Borgo: Monteruga

Qui potete acquistare il libro: Fandando libri – romanzo – Monteruga

Qui Anna che ne parla – Autrice su YouTube


P.S. Con un finale così sono sicura che se fosse sotto un nome asiatico, farebbe furore, perché a differenza di altri libri dove il dolore si posa e svanisce, qui non si ha nessun sguardo di comprensione, nessun gesto di accettazione, solo il suono di passi di chi cerca qualcuno, senza mai più ritrovarlo.

P.P.S. Appena ho concluso la lettura di Monteruga ho scritto subito ad Anna:Stamane mi sono svegliata alle sei di mattina perché volevo sapere di Angelo. Finito. Libro splendido. Anna sono veramente felice di averti conosciuto, in questo libro ci trovo la tua cura nella scrittura e l’amore per la tua terra, ma nessuna traccia di ego. Non mi sono sentita un istante in dovere di leggerlo per farti una cortesia. Questo libro è stato con me in questi giorni, nelle attese di bus che non passavano, e in stazioni roventi, perché volevo accompagnare Angelo in questo suo breve viaggio. Finale splendido. Grazie di averlo scritto, grazie per avermi dato modo di perdermi in una storia, senza sentire il mio tempo rubato. Questo libro è prezioso.

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